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quilici

Come all'ora, oggi.

L'attualità di Prete Giovanni Battista Quilici
Livorno, 26 aprile del 1791 - 10 giugno 1844.

Il discepolo di Cristo non è colui che ascolta e impara una dottrina, se pur insegnata con autorità (Mt 7,29), piuttosto colui che cammina dietro il Maestro e condivide i suoi passi, quelli che portano a Gerusalemme, al dono supremo dell’amore. Camminando dietro il Maestro siamo costretti a modificare l’immagine di Dio che portiamo con noi – in altre parole rinnegare se stessi - ed orientarci verso la Croce di Cristo (Mt 16,24). La croce ci libera da ogni dubbio sull’amore di Dio per l’uomo, davanti ai nostri occhi non c’è una immagine di Dio artefatta da tradizioni e culture, né la manifestazione della potenza da ammirare (o da averne paura), neppure di grandezza da adorare quanto la schietta manifestazione d’Amore da abbracciare.

Se vogliamo intuire qualcosa del Prete Giovanni Battista Quilici dobbiamo passare attraverso il mistero della Croce di Cristo che è, essenzialmente il mistero della incarnazione.
Gesù non chiede di morire con lui, ma di camminare insieme a lui carichi della infamia della croce. Nel mistero della incarnazione Cristo si è calato nell’umanità fino ad essere trattato da malfattore, così è per i discepoli che camminando dietro di lui mettono a rischio la loro reputazione. Don Giovanni ha davvero messo a rischio la sua reputazione, dileggiato e contrastato da chi aveva il mezzo-potere di influenzare le decisioni della sovrana autorità. Sono stati i commissari, gli ispettori, i giudici, i governatori a passare pareri, a scrivere suggerimenti, non per amore di verità ma per consolidare i propri poteri che derivavano anche da uno status quo degradato della povera città di Livorno all’inizio dell’800. Il porto quasi fermo, il sovraffollamento di una città stretta da mura senza igiene e senza risorse. Dunque analfabetismo, delinquenza, prostituzione, perdita di dignità.

Senza alcuna difficoltà possiamo proiettare nella Livorno dell’epoca le parole di papa Francesco (EG 53) Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”.
Don Giovanni Battista Quilici, come discepolo di Cristo, per amore si è sporcato le mani nella storia degli uomini, con gli ultimi e gli esclusi dell’umanità, non avendo paura di perdere la sua vita. Lo si è visto nell’epidemia del colera di cui ha contratto il morbo, ma soprattutto nella condivisione della vita che non ha mai guardato dall’alto in basso, ma come umile servo si è messo al servizio dell’uomo così come era, guardando alle sue necessità umane, sociali e spirituali sia che fosse un condannato ai lavori forzati e detenuto nella Fortezza, sia fosse una “fanciullina” mandata sulla strada a adescare clienti.
Don Giovanni è voluto uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo (EG20).

Ancora un punto, sembra essenziale per capire la spiritualità e l’azione di questo prete: Si deve ascoltare molto, bisogna condividere la vita della gente e prestarvi volentieri attenzione (EG 159). Fin da ragazzo, andando e tornando dai padri barnabiti per lo studio, nel resto della giornata, con gli amici, nel gioco non si è estraniato dalla realtà della città, dalla povertà. Giovanni non ha scelto le compagnie, non si è messo da una parte ma ha vissuto pienamente il suo tempo e la sua città immergendosi nella verità di una realtà che altri per comodo o per convenienza non hanno voluto vedere. Giovanni Battista prete ha passato ore nel confessionale lasciando che quell’ascolto profondo dei cuori delle persone modellasse il suo.

Ecco il cuore di don Giovanni, modellato dal cuore degli uomini, scopre il Cuore del Cristo che non si stanca di contemplare, perché tutta la sua vita fosse vissuta per amore di Cristo Crocifisso.

La Settimana di Livorno 14 settembre 2014